Parrocchia san Francesco

Sembra che la prima cappella a Moggio risalga agli anni 700-800. La chiesetta era ubicata all'ingresso del paese sulla strada che scendeva dalla Culmine, luogo di passaggio dei muli e carrette che da Milano si dirigevano nel Veneto e viceversa.
Essa era dedicata a San Giacomo e molte persone fino a pochi anni fa portavano questo nome. Venne San Bernardino da Siena, inventore del trigramma IHS - le prime tre lettere del nome IESUS in greco - e diffuso ovunque, a predicare anche a Moggio, fu tanto l'entusiasmo che, dovendo costruire la nuova chiesa più ampia, non più sulla strada trafficata, ma in luogo elevato e più tranquillo, essa fu dedicata a San Francesco d'Assisi. Siamo attorno al 1427-1430.
Là dove passava la vecchia strada, dove sorgeva l'antico tempietto, sono rimasti due segni: un portale di pietra, con la croce scolpita nel sasso in cima alla volta, e forse il vecchio campanile, - la torretta - attualmente nella sede dell'oratorio.
In mancanza di documenti, spesso si risale all'epoca di costruzione delle chiese, attraverso le loro dedicazioni. “Il santo titolare è indicativo della nascita della chiesa plebana".


Chi entra per la prima volta nella chiesa di san Francesco, respira ancora una certa aria barocca. Numerosi sono stati i cambiamenti subiti nel corso dei secoli dall'edificio, che ora si presenta ad unica navata, con quattro cappelle, due per ogni lato. In quella dedicata alla Madonna del Carmine è visibile la statua di legno intagliato, policromato e dorato, che sostituì nel 1897 l'antico manichino mariano vestito con abiti sontuosi del periodo barocco.
Lo sportello del tabernacolo è una "raffinata esecuzione in rame sbalzato e dorato. È di poco posteriore all'anno 1760". La cappella è dei primi anni del 1600, la balaustra del 1742, mentre l'ancona marmorea è del 1760. Accanto a questa si trova la cappella di san Giuseppe, in precedenza dedicata a san Carlo Borromeo. La balaustra è del 1700, l'ancona del 1840 e l'attuale statua lignea del 1897.
Siamo nel mondo dell'immagine e la catechesi migliore è quella di vedere in azione l'opera di Salvezza attraverso i Misteri dei Sacramenti e attraverso l'opera dei Santi che ci indirizzano verso Gesù. Sul soffitto della chiesa e nell'abside sono presenti antichi dipinti di Sibella. Sulle pareti dei transetti laterali, nel coro , nella cappella del battistero, sulla facciata in affresco, sono presenti dipinti contemporanei di Ilaria Alborghetti e Pietro Conforti.

Riportiamo qui il commento di tre dei dipinti più significativi della Chiesa:

San Francesco riceve le stigmate (dipinto sopra il portale della Chiesa).
Nell'anno 1224 San Francesco, all'alba del 14 settembre, festa dell'Esaltazione della Croce, pregava, sulle pendici del monte della Verna, con un entusiasmo nuovo e disse così: "O Signore, due grazie ti prego che mi faccia prima che io muoia: la prima di sentire nell'anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che Tu, dolce Gesù, sostenessi nell'ora della tua acerbissima Passione; la seconda di sentire nel cuore mio quello straordinario amore del quale Tu, figliolo di Dio, eri acceso tanto da sostenere una così grande passione per noi peccatori." San Francesco chiedeva di amare e di patire come il suo Signore. Ed il Signore gli partecipò tutto il Suo Amore e tutto il Suo dolore. Lo crocefisse come era stato Lui crocifisso. Dalla profondità del cielo abbagliante vide venire un Serafino con sei ali di fiamma: due gli si stendevano congiunte sul capo, due coprivano tutto il corpo, due si aprivano a volare. Mentre il santo contemplava questa visione, diviso tra la felicità di contemplare il suo Signore ed il dolore di vederlo crocifisso, un ardore miserabile investì la sua anima ed il suo corpo, fermandosi con trafitture terribili ai piedi, alle mani ed al costato, mentre una voce gli diceva: ""Sai tu quello che Ti ho fatto? Io ti ho donato le stimmate, che sono i segni della Mia Passione, perché tu sia il Mi gonfaloniere." Il Serafino alato scomparve, il dolore cessò e quando San Francesco rientrò in se stesso, sentì le mani bagnate ed un rivolo caldo scorrergli sul costato sinistro. Provò ad alzarsi ma non si reggeva. Si guardò le mani, i piedi, li vide trapassati da chiodi di carne.